Tutto parte da un viaggio. Inaspettato, non cercato, catartico. Ma tutto ruota anche intorno ad una malattia subdola che c’è ma ancora non si fa vedere, si sente ma non si dichiara. Ed è proprio in quest’altalena di sentimenti che il Parkinson gioca il ruolo dello spartiacque, tra il prima e il dopo, tra una vita data per scontata e una vita vissuta ed assaporata fino in fondo.
Medjugorje, il cammino inaspettato
E’ questa la storia di Paolo, ospite del Parkinson Cafè da quasi due anni, colpito dalla Malattia da ormai otto ma che alla malattia si sente in qualche modo grato.
“Tutto è cominciato quasi per caso grazie ad un amico che per una delusione amorosa ha chiesto la mia compagnia in un viaggio a Medjugorje. Ancora la malattia non si era fatta vedere… ma c’era, aspettava soltanto il momento giusto per presentarsi. In compagnia del mio amico ho vissuto cinque giorni all’insegna della riflessione e della complicità. Già all’arrivo ho capito che qualcosa stava succedendo, mi sentivo bene e questo benessere era sì fisico ma soprattutto spirituale e psicologico. L’onda lunga positiva del viaggio si fa sentire anche al rientro. Mi sentivo come risvegliato da un lungo torpore. Ho capito che gli anni passati si erano un po’ trascinati e ho deciso così di riprendere in mano la mia vita, gli affetti, il lavoro”.
Il Parkinson, una croce positiva
“Devo ammettere che la malattia ti pone di fronte ad una scelta. Puoi continuare a lamentarti di tutto soprattutto del fatto che sia successo a te. Oppure puoi iniziare a reagire. Da ex tennista ed ex lottatore ho iniziato a reagire, a mettere grinta nella vita per capire la direzione giusta e positiva da prendere. Certo, accettare se stessi e la malattia può anche significare, come nel mio caso, dover ripensare la vita di prima e gli affetti che la componevano. Ma ogni scelta, anche se dolorosa, aiuta ad affrontare in maniera consapevole la nuova situazione. E ti insegna ad essere positivo.
Medjugorje mi ha accompagnato in altri quattro cammini, ciascuno dei quali mi ha sempre dato forza ed energia per affrontare il periodo successivo. A volte penso di aver avuto due vite, unite dal Parkinson. Mi sono accorto che si impara a dire di no, a capire cosa ti fa stare bene e cosa è meglio evitare e questo vale per le esperienze concrete ma anche per le persone. Ci si accorge di avere una forza interiore che corre in aiuto quando la difficoltà bussa alla porta; e a volte ho anche la percezione che il Parkinson sia più un problema per gli altri. Noi malati abbiamo una forza interiore che solo la Malattia è in grado di darti”.
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